Me ne sono innamorata qualche giorno fa alla fiera del libri di Bologna. Questo libro appena uscito per Caissa Italia editore, è “Un raffinato viaggio nella cultura azteca seguendo la giornata di un tlacuilo (scriba) e di suo figlio che, sulle orme del padre, impara un mestiere tramandato di generazione in generazione […]. Questa è una storia di un luogo e di un tempo lontano, che racconta il Messico prima che gli spagnoli arrivassero in quelle terre. Ma è anche la storia di un papà e di un figlio, e di un mestiere tramandato di generazione in generazione. Una storia che parla di libri, della parola, di conoscenza e di memoria, di famiglia e di come la trasmissione della cultura formi l’identità di un popolo ma anche del nostro piccolo protagonista”.
Il titolo è già in sé una figura retorica, le illustrazioni chiamano gli occhi, le parole sono una poesia. Sullo sfondo di un racconto a cavallo tra ricostruzione storica e finzione, tra sogno e realtà, si dipana una relazione di profondo contatto tra padre e figlio con la dimensione della parola e della scrittura, quali strumenti indispensabili alle culture per continuare a parlare, a rimanere vive, anche qualora qualcosa o qualcuno arrivasse a cancellarle.
“Con Mio papà dipinge parole, Sandra Siemens, accompagnata dalle materiche illustrazioni di Amanda Mijangos, ci porta nelle giornate di un giovane mexica (così si chiamava la popolazione che in Europa conosciamo come “aztechi”) che studia per imparare il mestiere del padre, un tlacuilo (scriba), per poter dipingere le parole dei saggi sull’amatl, la preziosa carta dei mexica”.
Nel mio libro Leggimi prima riporto questa riflessione: “Quello dello scrittore è uno dei mestieri più gentili che mi vengano in mente. È espressione della disponibilità e della responsabilità di condividere qualcosa di proprio, perché sia utile anche agli altri. Oggi siamo quello che siamo perché i pensatori della storia ci hanno lasciato, e lasciano ancora, una traccia delle loro idee, le quali forgiano le culture e le nostre stesse identità – siamo quello che leggiamo, ancora e di nuovo. Scrivere è contribuire all’evoluzione e al benessere della nostra specie. Leggere è il nostro atto di gratitudine verso chi scrive“.
Una storia come questa ne è la diretta testimonianza. Cosa resta delle culture conquistate da altre culture, se non tracce di parole rimaste da qualche parte, immagini, segni e simboli resi indelebili su un qualche supporto che sappia resistere agli urti della Storia?
Il piccolo protagonista di questo albo illustrato, che aspira a diventare un tlacuilo come il padre, sa che le parole sono trasparenti come farfalle ma sacre, perché permettono di fermare il tempo, l’esistenza, la vita, per l’eternità.
Un libro che esce in occasione della festa del papà, ma che dal mio punto di vista dovrebbe entrare in tutte le case e scuole d’Italia per raccontarci una storia importante, vera, tutto l’anno.