Tradurre bonding, accudimento e contatto

Si chiama Breast Crawling la prima scalata della vita, quando il bambino appena nato, lasciato indisturbato appoggiato pelle a pelle sulla pancia della mamma, si muove verso il petto materno con l’intento di raggiungerlo e attaccarsi. Questa “scalata verso il seno” è una competenza innata del neonato che, nello stato di veglia attiva in cui si trova subito dopo il parto, inizia il suo primo viaggio fatto di spinte e calcetti per arrivare alla meta: «una volta raggiunto lo sterno, il neonato fa rimbalzare la testa su e giù e a destra e a sinistra. Come il neonato ha accesso al capezzolo, la sua bocca si apre e, dopo qualche tempo, si attacca e la suzione avviene»¹.

Mamma tamburo
P. Delabroy-Allard e M. Schneider

Il bisogno di contatto e la teoria dell’attaccamento

Il contatto è indispensabile per la sopravvivenza del bambino ed è un bisogno primitivo, un potentissimo mezzo di conoscenza e scoperta. Nel suo primo anno di vita, infatti, il piccolo instaura un profondo legame di attaccamento (bonding) con la madre (o con la sua principale figura di accudimento) e utilizza tutte le sue risorse e tutti i suoi sensi in via di maturazione per comunicare al mondo esterno i propri bisogni, iniziando a sperimentare importanti competenze sociali ed emotive proprio grazie al rispecchiamento con il genitore. Daniel Stern, psichiatra e psicanalista, definisce questo processo come una “danza tra madre e figlio” che inizia nel periodo prenatale, si consolida alla nascita e perdura per tutto il primo anno di vita, e che rende il genitore intuitivo rispetto ai segnali del figlio e desideroso di donargli amore, affetto, nutrimento e protezione. Un legame unico, questo “passo a due”, che getta le basi per un sano sviluppo emozionale futuro, favorito dalla compresenza di alcuni elementi essenziali, fondamentale tra tutti il contatto fisico attraverso il tatto, appunto.

Non a caso, il primo a formarsi e il più sensibile dei nostri organi è la pelle, il nostro primo mezzo di comunicazione e anche il più efficiente dei nostri mezzi di protezione. Così come anche il senso associato, quello del tatto, è il primo a svilupparsi nell’embrione umano².
«Essere portati, cullati, accarezzati, massaggiati, sono tutti nutrimenti per il bambino piccolo, indispensabili, come le vitamine, i sali minerali e le proteine, se non di più»³, scive Frédérick Leboyer, il ginecologo “rivoluzionario” che sostenne e disciplinò il “parto dolce” e che diffuse nel mondo occidentale il massaggio neonatale. Quando chi si prende cura di un neonato risponde ai suoi segnali (verbali e non verbali) in modo ragionevole, coerente e prevedibile nel tempo, i percorsi neurologici del cervello e del corpo che portano all’autoregolazione, al senso di sicurezza nel mondo, alla capacità futura di impegnarsi in relazioni sane, si rinforzano. È quello che si chiama “attaccamento sicuro” nella definizione di John Bowlby, cioè quella forma di attaccamento che contribuisce ad almeno tre funzioni primarie: fornire un senso di sicurezza e protezione; regolare le emozioni, calmando l’angoscia e favorendo un senso di calma; offrire una base affidabile da cui esplorare.

La metafora della scalata: una scelta di traduzione

C’è un piccolo libro che parla di tutto questo e che ho avuto il piacere di tradurre: si intitola Mamma tamburo, 24 pagine in cui bonding, accudimento e contatto prendono forma nelle parole di Pauline Delabroy-Allard e nei disegni di Marine Schneider.

La lettura è ripetitiva e prevedibile, adatta alle orecchie dei piccoli ascoltatori. Ogni pagina infatti inizia con una parte del corpo (soggetto) della mamma (genitivo) che è qualcos’altro, dai piedi su fino alla testa. Tavola dopo tavola, quasi seguendo questo insolito itinerario con il dito, la metafora della “scalata” si rivela e il lavoro di traduzione ha perciò percorso la stessa via scegliendo per alcuni vocaboli quell’accezione che rimanda all’area semantica del cammino, dell’escursione, senza però alterare il senso dell’originale. Le ginocchia della mamma sono “un fauteuil parfait”, non una poltrona (letterale), ma una “seduta” soffice, come un letto di muschio o di foglie in un bosco. Il collo materno è “une cachette parfaite”, non un nascondiglio (letterale), ma un “rifugio” in cui addormentarsi stremati al calare del sole.

La lettura resta musicale, anche in italiano, grazie alla struttura delle rime, alla presenza delle onomatopee e alla costruzione delle assonanze, che in francese sono date soprattutto dalla pronuncia. Aprite la pagina della bocca della mamma per accorgervene (“è una grotta dai mille gioielli. Gratto i suoi denti lisci, accarezzo le sue gengive morbide. E lei, CRUNCH! Mi rosicchia il dito”), in cui i suoni duri di r, g e z anticipano le accumulazioni dei verbi “stuzzico” e “pizzico” e l’immagine della “cavezza aggrovigliata”.

Perché e quando leggere Mamma tamburo

Perché è un libro che racconta il legame e il contatto tra mamma e bambino con infinita tenerezza, in cui il corpo da toccare è (cosa rara) quello dell’adulto che vive con il neonato una fisicità unica, struggente e a volte estenuante – come mi ha confessato una delle prime mamme a cui l’ho fatto leggere.
Il corpo materno è “una collina da scalare”, immagine figurata di un viaggio che inizia nell’acqua (“I piedi della mamma sono animali marini”, così come liquido è l’elemento in cui il bambino è immerso prima ancora di nascere), che può presentare alcuni ostacoli (per esempio una sgridata: “I peli della mamma sono insetti neri e lucenti. Si muovono quando balla, fremono quando si arrabbia”), ma promette anche tesori da scoprire, grandi avventure da vivere e offre, infine, una rassicurante certezza: la pancia cuscino e tamburo, dove tutto è cominciato.

Quando leggerlo?
Il formato, cartonato con angoli arrotondati, è perfetto per i primi mesi e per durare nel tempo, quando avrete ancora voglia di farvi “accarezzare le gengive”, “ciucciare il mento”, “stuzzicare le orecchie” o “pizzicare”. Se «le forme poetiche in rima costituiscono il primo e più semplice ed efficace approccio del bambino, anche piccolissimo, alla lettura e alla sonorità delle parole» allora iniziate subito perché il neonato «mostrerà sicuramente più interesse per una canzone o lettura o filastrocca ritmata dalla rima». Il lettore che, “da grande”, si appassionerà alla poesia sarà quello che con buona probabilità, sin da piccolo, ha familiarizzato con questo specifico genere, capace di dare forma al suo sentire di infante «sia perché legato a un contesto specifico, sia perché i versi tornano su, come una marea, al riproporsi di una situazione, di un oggetto o di un’emozione che si è vissuta accompagnati dalla rima della poesia»⁴.

¹ A. Henderson, Understanding the Breast Crawl: Implication for Nursing Practice, Nursing for Women’s Health, AWHONN, 2011.
² A. Montagu, Il linguaggio della pelle, Verdechiaro Edizioni, Baiso (Reggio Emilia), 2012.
³ F. Leboyer, Per una nascita senza violenza. Il parto dal punto di vista del bambino, Bompiani, Milano 2007.
⁴ R. Favia, Attraverso il libro. Avventure critiche tra i libri per bambini e ragazzi, Il Leone Verde Edizioni, Torino, 2023.