I bambini delle storie non devono essere bravi: devono essere veri.
In un tempo neanche troppo remoto i protagonisti degli illustrati in Italia erano bambini perfettini e boccolosi, capaci solo di descrivere ciò che il bambino non è, non è mai stato e non sarà mai. I bambini non devono essere bravi, devono essere veri, e per fortuna i mostri selvaggi di Maurice Sendak sono arrivati in soccorso del mondo dell’infanzia e dell’editoria, catapultandoci senza riserve direttamente dentro la testa dei bambini: gli angioletti dalle gote rosee hanno lasciato il posto a piccoli marmocchi disubbidienti e rivoltosi che, diciamolo, sono nettamente più affascinanti.
Nell’albo “Il regalo”, edito da Beisler e ideato dalla scrittrice svedese Emma AdBåge – premio Andersen 2020 per il libro ‘La Buca’ -, i bambini protagonisti sono talmente cattivelli, egoisti e ingrati da risultare inconfutabilmente verosimili. Li adoro!
Il primo regala all’amichetto Frej un castello identico al suo, ma di un altro colore. In men che non si dica il colore diventa elemento imprescindibile, questione di vita o di morte, e il piccolo, pentitosi amaramente della scelta, cerca di convincere la mamma a rifilare a Frej il suo castello usato (“verde, brutto e stupido”), per potersi tenere quello rosso.
Poco ma sicuro, la mamma non accetta lo scambio.
Sicché il nostro, rassegnato, arriva alla festa e attende con apprensione il fatidico momento della consegna.
Qui compare Frej, il secondo protagonista – o antagonista? -, il quale scarta il pacchetto esattamente come farebbe un qualsiasi bambino in carne e ossa, ovvero con totale noncuranza (“Frej strappa la carta del regalo. Non si accorge nemmeno del nostro biglietto”) e con la gratitudine e la buona educazione tipica di un quattrenne (“OH, NO! Io lo volevo VERDE!!!” ringhia quando vede il castello.”).
E’ qui che Emma AdBåge supera se stessa: quando il primo bambino coglie la delusione del secondo, seduta stante la sua giornata prende un’altra piega (“Vado in cucina. Ma pensa! Io ho il castello verde, proprio quello che vuole Frej. Ora sì che mi sento meglio. Quasi quasi mangio un’altra fetta di torta”). Quale reazione più inappuntabile di questa?
E allora noi adulti possiamo ben leggere ai bambini storie sulla gentilezza e la cortesia, racconti sui buoni sentimenti, l’amicizia e la condivisione che insomma, è tanto bella e giusta! Niente di sbagliato in questo. Però, a tempo perso, possiamo buttare là anche un racconto che dica semplicemente le cose come stanno, mostrando ai nostri piccoli la fotografia consapevole di un momento del loro mondo interiore.
Perché? Per farli sentire capiti, tutto qui.
Queste storie sembrano dire alla coscienza: “Toh, vedi, sei mica il solo a sentirti e comportarti nel modo che tutti considerano inadeguato. Se vuoi puoi smettere di sentirti sbagliato, giusto per qualche minuto”.
In tedesco c’è una parola che descrive perfettamente questo sentimento: SCADENFREUDE, ovvero, in poche parole, il piacere per le disgrazie altrui. Tutti noi lo abbiamo provato almeno una volta nella vita, anche se probabilmente ci vergognamo ad ammetterlo. Eppure è un’emozione talmente tipicamente umana, che la storica culturale Tiffany Watt Smith le ha dedicato un intero libro: https://www.utetlibri.it/ libri/schadenfreude/
Così, a quanto pare, la reazione di un bambino che legge “Il regalo” è proprio come quella dell’adulto che si riconosce nella verità confortante del libro della Watts: siamo tutti perfettamente sbagliati, siamo tutti perfettamente umani. Così sia.