Quando ho scoperto di essere incinta del mio secondo figlio, la prima aveva undici mesi. La mia reazione alla novità me la ricorderò finché campo: un cocktail emotivo di gioiosa accettazione e incommensurabile tragedia.
“Che meraviglia un secondo figlio! Oddio, davvero?! Ma proprio adesso?! Non sono pronta, non così, non io! Ma CERTO che sono pronta! Non vedo l’ora di vederlo, un piccolo fagottino, un fratellino! Siii, non vedo l’ora che esca da questo corpo, ridatemi il mio corpo! Rivoglio la mia libertaaaaaaaa!”
Ecco, insomma, non sono mai stata e non sono tutt’ora portavoce di una maternità easy way, tutt’altro. Eppure…
Eppure i miei figli sono tutto ciò che potrei chiamare amore, tutto ciò che ha senso chiamare meraviglia, vita, gioia infinita. Com’è ‘sta storia?
Il fatto è che la maternità è questa roba qui, lo si voglia ammettere o meno: è motrice di estremi opposti, nel bene e nel male, odio e amore, è la cosa peggiore e migliore che possa capitare, è prigionia e massima libertà, è distruzione e costruzione straordinaria, è disperazione estrema e gioia infinita. Come diavolo si fa a raccontare? Come si descrive? Eh?
L’altro giorno stavo lavorando in libreria e mi è caduto l’occhio su un librettino nuovo di zecca che mi stava ammiccando dallo scaffale: Mamma, di Liz Climo, edito da Beccogiallo.
http://www.beccogiallo.it/prodotto/mamma/
Non ho fatto altro che aprirlo, sfogliarlo… e in men che non si dica mi ci sono persa dentro, ritrovandomici. Ho riso molto, ho pianto un po’, mi sono emozionata, ho rivisto me e tutte le mamme che conosco, e anche tutte quelle altre che sono allo sbaraglio in giro per il pianeta e ho pensato: ecco come si descrive ‘sta roba dell’essere mamma, è questo!
“Mamma!” è un fumetto che ci racconta chi siamo con lucida onestà, calore e trasporto, ma al contempo con bonario distacco, divertimento e ironia. Forse sono queste le chiavi che permettono di capire come andrebbe presa la maternità, o forse la vita stessa: è tutto un gioco, un’imprevedibile avventura creativa, da vivere con curiosità, leggerezza e scherzosa nonchalance. Forse sono queste le basi per creare un clima dove la felicità sia di casa, e l’amore si possa distendere comodamente sul divano, assieme a noi e ai nostri figli.
Sei mamma.
Bene, e adesso? Adesso inizia la parte più difficile. Che, attenzione, non è cambiare i pannolini, né svegliarsi tutte le notti, e nemmeno educare i figli a crescere sani di mente! No! La cosa più difficile è fidarsi di se stesse. E’ capire chi sei tu. E’ saper distinguere quali pensieri che pensi di pensare ti appartengono, e quali no. Quali credenze e regole sono così vere e giuste per te, che sarà il caso di tenerle e usarle per diventare la mamma che sogni di essere?
E non solo. Dobbiamo fidarci così tanto di noi stesse, da essere sempre pronte a sfoderare risposte valide e convincenti quando i nostri figli faranno domande, dimostrando di essere loro i primi a fidarsi di noi. Dobbiamo essere preparate, avere idee chiare e precise, risorse nascoste, una cultura generale che spazia dalla fisica nucleare al senso della vita, dobbiamo sapere e saper fare tutto, dobbiamo essere perfettamente perfette.
No, dico. Davvero?
Io, che sento di essere l’anello mancante tra la Montessori ed Erode, adoro quel momento in cui i miei figli mi fanno cento domande e io rispondo candidamente che non lo so, non ne ho la più pallida idea, chiedi a qualcun altro, sono stanca, stufa, non ne posso più, vai a dormire. Nel mio mondo la fiducia e rispetto non si creano con l’avere necessariamente sempre tutte le risposte, né la voglia di darle: nascono piuttosto da quella consapevolezza onesta verso sé e gli altri, che rende la relazione davvero libera e appagante.
Sei mamma.
E adesso? E adesso ci vuole così tanta fiducia in sé e nei propri bambini che, prima o poi, non ti resta altro da fare che lasciar andare.
Lasciar andare le paure, i giudizi, le regole superflue, i sensi di colpa, la rigidità. E poi, a un certo punto, lasciar andare i figli stessi e tutto quello che di noi abbiamo agganciato a loro.
Facile eh? No, per nulla direi. E’ la parte dura davvero, forse, quella di aver messo al mondo delle persone che al mondo devono saper stare, con i loro piedi, le loro mani, le loro teste, i loro cuori. Dare radici per volare, dicono. Dicono bene, mi sa.
Grazie Liz Climo per quest’opera reale e leggera, per aver carezzato di noi mamme la parte profondamente infatuata dei figli, ammiccando al contempo a quella zona oscura, fraintesa e “sbagliata” del nostro essere mamma, che più di qualsiasi altra ha bisogno di essere accolta, rispettata e, perché no, essere amorevolmente presa un po’ in giro.
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