Accendere i cinque sensi per scoprire la meraviglia fuori dalla porta di casa.
«Perché camminiamo? Perché cammino? Da dove mi sto allontanando a piedi e verso cosa mi sto dirigendo? Siccome le risposte sono piuttosto misteriose, alla fine ho sentito il desiderio di districare un po’ la matassa. Mi sono messo le scarpe, ho lasciato vagare un po’ i pensieri e ora di una cosa sono sicuro: mettere un piede davanti all’altro è tra le azioni più importanti che compiamo. E allora andiamo»¹.
Uno dei ricordi più belli di quando ero piccola sono le camminate in montagna con i miei genitori. La sveglia presto, i calzettoni fino alle ginocchia, le pedule con i lacci da intrecciare ai ganci. E poi il ritrovo con la comitiva, il mal di corriera che non mi mollava mai fino all’ultimo tornante e, finalmente, l’arrivo a destinazione. Da qui si iniziava a camminare, camminare, camminare, e quello che mi ricordo con particolare emozione è la mia immensa paura per le altezze, che poi è la stessa di oggi. Ma nonostante tutte le avversità, l’amore per la montagna è ancora vivo e vegeto dentro di me. La natura mi tira e mi chiama a gran voce, quando guardo le vette friulane dalla finestra di casa sento che vorrei essere lì, sarebbe proprio il posto perfetto.
Portare i bambini a cammianare nella natura non è sempre una passeggiata – in tutti i sensi! – ma resta una delle esperienze più formative e preziose che possiamo offrire loro. La fatica e la meraviglia camminano di pari passo, risvegliando ogni capacità, ogni equilibrio e riportandoci alla nostra essenza più ancestrale.
In un epoca in cui siamo abituati a guardare le cose in un display anziché a toccarle con mano, il mio invito, insieme a quello di Erica Beltrame, co-autrice insieme a Sara Baroselli e Francesca Tosolini della guida Bimbi trekking, è proprio questo: prendere e andare, insieme ai nostri bambini, vivere il verde, toccare le rocce, scovare l’acqua, osservare la vita che si propaga in mezzo alla natura. Nella guida sono descritti 31 itinerari facili che si snodano nelle Alpi e Prealpi Carniche e Giulie da condividere con tutta la famiglia. Io desidero condividere cinque albi illustrati attraverso i quali è possibile prendere coscienza delle emozioni che si possono vivere all’aria aperta, risvegliando i sensi, uno per uno, e riattivando l’amore per la curiosità e per la vita stessa.
Questa è la storia di una città dove non nascono più nè alberi nè prati e dove le persone, evidentemente, se ne restano tristemente chiuse in casa. E’ la storia, pure, di un bambino che non si cura di tutto quel grigiore e decide di continuare a sguazzare felice nelle pozzanghere, in giro per la città, fino a raggiungere un luogo finora inesplorato, dove trova una sorpresa ad attenderlo: un ciuffetto di piante, sofferenti, ma vive.
Il piccolo non è un giardiniere, certo, ma sente di dover fare qualcosa, sebbene da solo, e si mette al lavoro.
“Innaffiò i fiori fino quasi ad affogarli ed ebbe alcuni problemi con la potatura, ma le piante aspettarono pazientemente che Liam trovasse il modo migliore per prendersi cura di loro. Con il passare delle settimane Liam cominciò a sentirsi un vero giardiniere, e le piante cominciarono a sentirsi un vero giardino”.
Che bellissimo passaggio! Quanta fiducia si danno vicendevolmente il bambino e le piante, quanta pazienza ci vuole per imparare cose nuove, con un po’ di fatica, sì, ma con soddisfazione, infine. Il giardino a quanto pare non aspettava altro che essere risvegliato, per esplorare in ogni dove, nei posti più impervi, persino vietati o impossibili: la natura fa così, la curiosità pure (avete presente la classica piantina che nasce inspiegabilmente in mezzo al cemento?).
Poco importa se il gelo mette in pausa il suo avanzare: quello invernale è un tempo d’oro nel quale, anziché preoccuparsi passivamente per la rinascita futura, si possono creare le condizioni più adatte a costruirsela.
“Anziché sprecare l’inverno a preoccuparsi per il giardino, Liam lo dedicò a prepararsi per la primavera”.
Questo sì che è un modo furbo di ragionare, prendendo il comando della propria vita rispetto alle cose che è possibile controllare, e lasciando che il resto vada semplicemente come deve andare!
Questa storia narra la genesi di un nuovo giardino ma, soprattutto, il sorgere di nuovi giardinieri: ogni persona sembra infine prendere parte attiva alla rinascita della città, grazie alla fantasia, agli strumenti adatti e alla presa di coscienza della propria responsabilità personale. Mi sembra tanto che questo possa accadere non solo con i semi della natura, ma anche con quelle nuove piccole idee che germogliano nella fertilità della fantasia di ciascuno: pensieri, progetti, sogni che anziché essere abbandonati a se stessi, vengono coltivati e diventano patrimonio di tutti, contagiano le vite altrui, e portano la società e l’umanità verso un futuro migliore.
Anche in questo albo illustrato, un po’ come ne “Il giardino curioso” di Peter Brown, troviamo la potenza di un singolo essere umano (un bambino, guardacaso!) che trova la via più semplicemente coraggiosa di cambiare il mondo: cosa può fare un piccolo seme? Cosa può fare una singola minuscola idea? Troviamo ancora l’importanza della pazienza e della perseveranza, e la forza della condivisione tra esseri umani nella quale parole, gesti, emozioni e ideali condivisi trasformano l’ordinario in straordinario, la tristezza in gioia, e il grigiore in sgargiante vitalità.
“Cloe vive in un giardino magico, ma non lo sa.”
Il fatto è che tutti viviamo in un giardino magico, di un pianeta altrettanto incantato, ma non lo sappiamo. O almeno, col passare degli anni ce ne dimentichiamo.
Questa è la storia di una bambina che cammina distrattamente in mezzo alla natura e sembra non accorgersi di tutto ciò che il vento e gli alberi stanno cercando di dirle: guarda, osserva, apri gli occhi e le orecchie! Apri il cuore! E la voce che parla rammenta in effetti anche al lettore l’incanto del ciclo della vita, le strategie incredibili di alcuni animali per mimetizzarsi e riprodursi, l’istinto naturale che porta le creature a sapere cosa devono fare senza che nessuno glielo insegni.
Insomma, ecco dispiegata la vera magia.
Cloe inizia a sentire la voce della natura che le parla, e si sveglia come da un sogno. Ora finalmente, accortasi di ciò che stava ignorando, vuole saperne di più. La sua curiosità – e quella dei lettori – è soddisfatta nelle ultime pagine del libro, dove troviamo risposta ad alcune domande inerenti la storia: perché il bruco si trasforma in farfalla? Perché le lucciole sono luminose? Perché gli animali si mascherano? E altre ancora.
“Questa fu la magia che incontrò Cloe nel suo giardino… ed è solo una piccola parte di ciò che si può scoprire nella natura”.
Noi siamo quella generazione di genitori che si lamentano di avere figli lobotomizzati davanti a svariati display, ma che spesso sono troppo impegnati per proporre alternative valide e più costruttive. Siamo anche la stessa generazione che, non più di trent’anni fa passava le giornate in strada, o in mezzo ai campi, e tornava a casa con le ginocchia sbucciate e un incisivo in meno. E allora ci pensa Beatrice Alemagna, ancora e di nuovo, a ricordarci cosa significa essere bambini e, soprattutto, a insegnarci cosa significa essere bambini OGGI.
Questa è la storia di un ragazzino che va in vacanza in un luogo disperso e isolato, con una mamma troppo impegnata a lavorare sul pc anche in vacanza, capace solo, in quello specifico momento, di brontolare e strappargli di mano il suo fondamentale videogioco. Lui riesce a impadronirsene di soppiatto, e decide di andare fuori.
“Appena fuori ho sentito che tutta la noia del mondo si era data appuntamento in giardino”.
Lì fuori sembra davvero non esserci nulla di accattivante, per quanto la tentazione di inventarsi avventure con marziani da schiacciare a suon di saltelli non fatica ad emergere. E’ proprio in uno di questi momenti che il preziosissimo giochino cade in acqua, e addio.
“No! No! No! Tragedia delle tragedie! Il peggio che poteva succedermi! Che scemo!”
A questo punto, suo malgrado, non gli resta che farsi rapire da ciò che vi è d’intorno: antenne di lumaca molli come gelatina, funghi che profumano di ricordi preziosi, micro-cose sconosciute… Il cuore sobbalza, l’istinto di correre e rotolare giù per la collina è irresistibile: una volta ruzzolato giù il mondo sembra tutto sottosopra, ogni cosa sembra come nuova. Ma è il mondo a essere cambiato, o gli occhi che lo stanno osservando?
E così, una giornata apparentemente insulsa diventa straordinaria, vitale, qualcosa che vale davvero la pena di raccontare alla mamma. Oppure no?
“Siamo rimasti a guardarci. A guardarci e ad annusare il profumo della nostra cioccolata calda. Nient’altro. In quel magico, incredibile giorno di niente”.
Gli alberi sono fermi, eppure qualcosa fanno. Non parlano, eppure comunicano. Com’è possibile?
Grazie a questo bellissimo albo illustrato è possibile raccontare ai bambini piccoli la straordinaria importanza degli alberi e le loro silenziose capacità: hanno la testa tra le nuvole, ma i piedi ben radicati a terra; offrono riparo a migliaia di esseri viventi; puliscono l’aria permettendoci di respirare; mettono a disposizione la loro ombra a chiunque, senza distinzioni; fanno parte di un ecosistema dove ognuno fa la propria parte per il bene reciproco.
Raccontati così, gli alberi sembrano davvero essere il tipo di amico che ognuno di noi vorrebbe al proprio fianco, o che noi stessi potremmo essere per gli altri.
ALBERO
l’esplosione lentissima
di un seme.
(Bruno Munari)
¹ E.Kagge, Il silenzio, Einaudi